Albergheria, la storia
L'Albergheria prende il nome da "Albergaria Centurbi et Capicii" con cui i normanni indicarono territorio in cui Federico II deportò nel 1243 gli abitanti di Centuripe e di Capizzi che si erano ribellati alla sua autorità. Si tratta di quella zona, già urbanizzata dagli arabi, che si estendeva oltre il fiume Kemonia lungo il fianco meridionale delle antiche mura punico romane.I confini del quartiere si sono dilatati e ristretti nel corso dei secoli in funzione delle scelte amministrative ed urbanistiche dei governanti. Oggi i confini sono dati dalle vie Benedettini ad occidente, Corso Tukory a meridione, Via Maqueda ad oriente e Vie Del Bastione, Dei Biscottai, Piazza S. Chiara, Vie V.G.M. Puglia e Via G. D'Alessi a settentrione.
Il periodo Arabo
I primi insediamenti urbani in questa parte della città, attraversata dal fiume a carattere torrentizio detto del "maltempo" a cui i normanni daranno il nome di "Kemonia", risalgono al tempo degli arabi. Di essi ci riferisce il mercante iracheno Ibn Hawqual, venuto a Palermo tra il 972 ed il 973, sono essi i due borghi (Harat) di Harat Al Yahud abitato dagli ebrei ed Abu Gamin che si sviluppavano nella zona che dalla attuale Via Maqueda si estende fino al piano di Casa Professa. I due borghi dovevano essere integrati nel quartiere (harat masgid Ibn Saqlab) sviluppatosi intorno alla moschea Ibn Saqlab che sorgeva nella attuale Piazza Moschita. Più a sud gli arabi diedero vita ad un altro insediamento urbano (esterno alle attuali Via Albergheria e Via Divisi) cui diedero il nome di Harat Al Giadidab (quartiere nuovo).
Gli insediamenti urbani sopra citati dovevano estendersi fino all'attuale mercato "Ballarò" di cui ci dà notizia sempre Ibn Hawqual e che prese il nome dal villaggio "Balhara", nei pressi di Monreale, da cui provenivano i mercanti di derrate alimentari "grascia", per cui fu detto anche "mercato della grascia"
Questa parte della città comunicava con quella recintata dalle antiche mura punico romane attraverso le porte Bab Al Anba (nelle vicinanze di S. Giovanni degli Eremiti), Bab As Sudan (la porta dei negri) lungo la Via Biscottai all'altezza dell'ex ospedale Fatebenefratelli e Bab al Hadid (porta di ferro) là dove è oggi l'ingresso laterale della Facoltà di giurisprudenza. Essa era separata dall'agro palermitano da una muraglia di fortificazione interrotta dalle porte Mazara e S. Agata. E' questo il tratto di mura che il normanno Conte Ruggero espugnò dando così inizio alla conquista di Palermo da parte dei normanni.
Nella foto, l'Albergheria al tempo degli arabi nella ricostruzione di G. M. Columba
Il periodo Normanno
Nel periodo normanno l'urbanizzazione del quartiere subì una importante accelerazione. In una zona ricca di catacombe paleocristiane, dove molto probabilmente furono costruite le prime chiese cristiane, i normanni avviarono una intensa attività di edilizia religiosa, costruendovi le chiese, spesso con conventi annessi, di S. Giovanni degli Eremiti, S. Giorgio a Kemonia, S. Nicola di Bari con la attigua torre di guardia, dei Ss 40 Martiri al Casalotto, dei Ss. Crispino e Crispiniano, di S. Michele Arcangelo, dei Carmelitani e l'Abbazia di S. Maria della Grotta dei Basiliani. Intensa anche l'attività di edilizia civile con la costruzione di case per funzionari di palazzo e per un forte nucleo di popolazione di origine greca. Alla zona diedero il nome di Deisin da cui Via Divisi (oggi al di là della Via Maqueda).
Le linee architettoniche delle porte S. Agata e Mazara riferite al tempo dei normanni ci dicono che essi provvidero ad una ristrutturazione delle muraglie di fortificazione già innalzate dagli arabi.
Una miniatura redatta in occasione dei funerali di Guglielmo I detto il "malo", ci dà la rappresentazione grafica della suddivisione in quartieri della città operata dai normanni e della loro estensione. In essa il quartiere Albergheria è indicato con il nome di "ideisini", è posto a meridione dei palazzi lungo il Cassaro ed è compreso tra la tenuta reale di caccia fuori le mura (verso Monreale) e la cittadella araba della Kalsa.
Al tempo normanno deve essere anche riferita la costituzione dell'asse viario che attraversa ancor oggi il quartiere lungo tutta la sua estensione, da porta Mazzara, fino alla chiesa della Magione e che corrisponde alle attuali Via Albergheria, Via Del Bosco, Via Divisi.
Ai normanni succedono al governo dell'isola e della Città gli Angioni ed il secolo si chiuse con la rivolta detta dei Vespri siciliani contro le truppe francesi che scoppiò nella chiesa di S. Spirito nei pressi delle mura dell'Albergheria.
Nella foto, rappresentazione grafica di palermo alla morte di Guglielmo I detto il Malo
Il periodo Aragonese
E' da ritenere, dalla descrizione che ne fa Vincenzo Di Giovanni, che il quartiere raggiunga in questo periodo i livelli di urbanizzazione che sono rappresentati nelle prime carte topografiche di Palermo, redatte alla fine del XVI e tra queste quella di Bonifazio del 1580 e quella più famosa di G. Braun ed F. Hogenberg del 1585.
Il XIV secolo fu caratterizzato da una forte instabilità politica data dalla contesa tra Angioini ed Aragonesi a incoronarsi Re di Sicilia, risoltasi poi a favore di quest'ultimi, e dalle resistenze ai nuovi regnanti opposte dalla antica nobiltà normanna di cui si era fatto paladino il Barone Chiaramonte. Alla decadenza politica e si accompagnò anche quella economica dovuta anche alla perdita di ruolo politico della Città che pur mantenendo i suoi privilegi cedette il suo status di capitale del regno a favore di Napoli, Catania e Messina scelte di volta in volta dai Sovrani o dai loro mandati Vicerè quali loro sedi.
Agli inizi del '300 le antiche mura punico romane, ormai non più utili alla difesa della città, vennero abbattute e le loro aree urbanizzate. Nel tratto di nostro interesse venne edificato il complesso conventuale di S. Chiara ed il Palazzo Speciale - Montaperto di Raffadali. E' di questo secolo la costruzione del ricco Palazzo Marchesi nella zona del Casalotto
Fino alla fine del XV secolo non risulta siano state realizzate nel quartiere delle costruzioni di particolare interesse. Se escludiamo le costruzioni religiose, i palazzi nobiliari lungo la Via Rua Formaggi e qualche palazzo signorile nei pressi della Via Albergheria (Palazzo Minnecci Rosselli nell'omonimo vicolo), il tessuto abitativo era costituito da povere abitazioni, dette "catoi", di artigiani, contadini e piccoli commercianti. Molti vi vivevano in regime di assoluta indigenza. Povertà, inondazioni, carestie e pestilenze agevolate dalla grande sporcizia che vi regnava, soprattutto in prossimità delle rive del Kemonia, ne decimavano la popolazione. In questo contesto si inserì l'intervento di sistemazione della Piazza Ballarò realizzato tra il 1467 ed il 1468 per volere del Pretore Pietro Speciale a cui seguì un processo di urbanizzazione nelle zone circostanti e la costruzione, nel 1479, del Ritiro delle zingare, ricovero di donne traviate e meretrici, chiamato Maria SS. delle Abbandonate in via Benedettini.
Nella foto, l'Albergheria nella Pianta di G. Braun ed F. Hogenberg
Il periodo spagnolo
Il Vice regno spagnolo, susseguente alla riunificazione della Spagna sotto lo scettro di Ferdinando II il cattolico, si rese protagonista di importanti interventi che incisero sul tessuto urbanistico della città interessando anche il quartiere Albergheria. Il primo intervento fu dato dalla fortificazione delle mura arabo normanne progettata dal Ferramolino per volere del Vicerè Gonzaga. Il tratto di mura che proteggeva l'Albergheria venne fortificato nel 1536 con i baluardi di Porta S. Agata e di porta Mazara che prese il nome di porta Montalto.
Il secondo fu dato dal taglio della Via Maqueda, realizzato nel 1600 e che divise la città in quattro quartieri dei quali quello a sud del Cassaro fu chiamato Albergheria e ne venne eletta patrona S. Cristina. La realizzazione della Via Maqueda comportò degli sventramenti e la realizzazione di nuovi edifici lungo il suo percorso.
Il terzo intervento fu dato dalla costruzione, alla fine del XVI sec., all'esterno delle mura del quartiere Albergheria, del "fossato del maltempo" per incanalarvi le acque del fiume Kemonia la cui piena nel 1557 aveva causato lutti e distruzioni. Il letto del fiume prosciugato fu utilizzato per la costruzione di una strada detta dei tedeschi perché lungo il suo corso si costruirono le abitazioni degli alabardieri di origine tedesca impegnati nel servizio a Palazzo Reale. La Via prese, successivamente, il nome dalla "porta di Castro" con cui essa dal 1620 si apriva all'esterno delle mura cittadine . Altre inondazioni si verificarono nel 1666, nel 1769 e nel 1772 fino a che, nel 1783, il fossato che era utilizzato dai palermitani come discarica non venne sostituito da un condotto sotterraneo.
Il tessuto urbanistico del quartiere subì notevole trasformazione per la costruzione di tre importanti chiese, quelle gesuite di Casa del Gesù e di San Saverio e quella di Maria SS. del Carmine tutte con annessi conventi. Per collegare Casa Professa al Cassaro furono aperte la salita Raffadali ed il Vicolo Castelnuovo.
Altro impulso alla attività edilizia fu dato dal terremoto del 1726 che fu causa di molte distruzioni.
Fu questo un periodo storico di intensa attività edilizia non soltanto per la costruzione di nuovi edifici religiosi e civili ma anche per la modifica dei vecchi secondo le nuove tendenze stilistico architettoniche dell'arte barocca ed ideologiche della Controriforma; diamo qui l'elenco delle realizzazioni più significative. Sono stati costruiti nel XVI sec.: la Chiesa di S. Carlo Borromeo (1553) in via porta S. Agata, la chiesa di S. Maria Delle Grazie al Ponticello (1556), la chiesa del Gesù e Casa Professa (1564) là dove era la Abbazia di S. Maria della grotta dei Basiliani, l'Oratorio di S. Mercurio (1572) per trasformazione della Chiesa della Madonna della Consolazione, l' Oratorio dei Ss. Elena e Costantino (1587-1602) di fronte Piazza Vittoria, la chiesa di S. Anna (1589) in Rua Formagi, l' Oratorio delle Dame (1595) nei pressi di Casa Professa, la chiesa di San Giovanni Decollato (1597), i Palazzi Bosco, Lanza di Belvedere ed Oneto di San Lorenzo in Via del Bosco. Alla fine del XVI sec. furono costruiti: il Palazzo Pirrone in Piazza San Giovanni Decollato, il ritiro di San Pietro nella parte alta della Via Albergheria, il palazzo Muzio di Manganelli in vicolo Muzio, la chiesa della Madonna del Soccorso in via Albergheria della quale è a noi pervenuta l'abside, il fine Palazzo Mortillaro di Villarena nei pressi nella piazza S. Nicolò di Bari, la chiesa del Crocifisso in via Albergheria oggi distrutta. Furono costruiti nel XVII secolo l' Oratorio del Carminello (1605), l' Oratorio di S. Nicolò da Tolentino (1620) in via del Bosco, la Chiesa del Carmine Maggiore (costruita nel 1627 sulla preesistente chiesa normanna sempre dei carmelitani), la chiesa delle Balate detta Annunziatella degli sbirri (1631) con annesso convento francescano, il palazzo Colluizio di S. Giovanni in Via delle Balate, la chiesa di S. Isidoro Agricola (1643) nella attuale piazzale Cadorna, l' Oratorio di S. Alberto al Carmine (1643) in piazza Carmine, la Chiesa della Madonna dell'Itria o della Pinta (1670) in sostituzione di quella abbattuta per costruire porta Castro, il Collegio della famiglia di Maria (1671) a Casa Professa, la chiesa di Maria SS. d'Egitto nel vicolo S. Mercurio del 1680, la chiesa dei gesuiti di S. Francesco Saverio (1685 1710), il Palazzo Cannata (di fronte Piazza Vittoria) ed il Palazzo Benenati Ventimiglia in Via del Bosco che nel 1838 fu sede dell'Ospizio Ventimiliano per insegnare un mestiere ai ragazzi.
Nella foto, la città di Palermo dopo il taglio operato trasversalmente con la realizzazione della Via Maqueda nella pianta di Hermil e G. Ghibert del 1713
Il periodo Borbonico
Pochi gli interventi in questo periodo storico essendo l'attenzione degli amministratori cittadini dedicata all'espansione della città oltre le mura e specificatamente lungo la direttrice della piana dei colli.
In questo periodo ebbe inizio l'abbandono da parte della città del suo centro storico, soprattutto del Capo e dell'Albergheria, che anziché essere risanati furono abbandonati al loro triste destino di quartieri poveri e malfamati ancor di più di quanto già non lo fossero. Ne è segno il numero considerevole di istituzione benefiche religiose e laiche che in quel tempo vi operavano (oggi poco è cambiato).
Poche le costruzioni riconducibili a questo periodo, tra queste: l'Oratorio delle Anime Sante del Purgatorio (1735), la chiesa di S. Giuseppe del Collegio di Maria al Carmine (1747) là dove esisteva la casa del Barone Calascibetta per accogliere le ragazze in difficoltà del quartiere, la Chiesa di S. Giorgio in Kemonia (1765) sulla preesistente chiesa normanna, il palazzo Giallongo di Fiumetorto (1771) in piazza s Nicolò. Inoltre, tra il 1794 ed il 1795, si provvide ad estendere il mercato di Ballarò al Piano del Carmine che fu spianato e livellato, come ci ricorda R. la Duca. In seguito a questo intervento fu tolta dal piano l'antica fontana e sostituita l'anno successivo con un'altra formata da una piramide fiancheggiata da due dragoni.
Non si segnalano interventi significativi nella prima metà del XIX secolo se non cambi di destinazione d'uso delle proprietà ecclesiastiche espropriate, come il trasferimento della Biblioteca Comunale (1775) nell'ala ovest della Casa Professa dei gesuiti precedentemente scacciati da Palermo.
Nella foto, l'Albergheria nella Pianta detta del Mongitore edita dopo il terremoto del 1726
Dal 1860 ai giorni nostri.
L'espansione della città al di là delle antiche mura normanne, soprattutto lungo la Piana dei Colli secondo l'asse della Via Maqueda prolungato con Via Ruggero Settimo e Via Libertà, dove nobili e rappresentanti dell'alta borghesia hanno trasferito le loro residenze ed i loro interessi, ha determinato a partire dal XIX secolo il disinteresse delle classi dirigenti della Città per l'antico Centro Storico con conseguente suo forte e progressivo degrado urbanistico, economico e sociale.
Alla fine del secolo si fece quindi urgente la elaborazione e la realizzazione di un piano di risanamento del Centro Storico che fosse però funzionale, secondo la committente Amministrazione Comunale, alla espansione della Città regolata dallo stesso piano. I diversi progetti presentati prevedevano la realizzazione di assi viari, che, sventrando gli antichi tessuti urbanistici del Centro Storico, facilitavano la comunicazione tra le nuove zone di sviluppo urbanistico nell'agro palermitano, e la realizzazione di unità abitative secondo il modello di edilizia economica e popolare. L'antico Centro veniva così a trasformarsi in una zona residenziale-dormitoio ed allo stesso tempo si anticipava, ideologicamente, la fine di quel tessuto economico e di specializzazione professionale costituito dalle botteghe artigiane di cui erano ricchi i quartieri popolari e che sarebbe stato messo in crisi dalla nascente industria manifatturiera.
L'Amministrazione comunale nel 1896 scelse il piano Giarrusso e nel 1898 approvò il piano di risanamento del quartiere Albergheria. Subito iniziarono i lavori di dismissione delle antiche mura e gli sventramenti nella zona di Porta S. Agata e del rione Montalto per realizzare i due assi viari tra loro ortogonali, attuali Via Mongitore e Via Cadorna, che avrebbero dovuto dividere il quartiere in quattro parti e favorire la comunicazione tra le zone di espansione Perez - Oliva Lolli e Pisano - mare.
Le opere di sventramento furono portate avanti per decenni e la costruzione delle nuove unità abitative di edilizia popolare fu avviata nel dopo guerra. Non tutte le case abbattute vennero ricostruite ed a queste macerie si aggiunsero quelle delle case distrutte dai bombardamenti del 1943, le abitazioni sottoposte a vincolo di espropriazione non vennero più manutenute dai proprietari, gli sfrattati non assegnatari e gli indigenti costruirono nelle aree liberate o di risulta delle case abusive (catapecchie), che ancor oggi sono abitate. Le iniziative di risanamento della Amministrazione Comunale si rivelarono quindi fattore di nuovo sottosviluppo anche perché venne meno l'auspicata integrazione tra i nuovi abitanti (assegnatari delle case popolari) ed i vecchi abitanti del quartiere come rilevato da una ricerca patrocinata dall'UNESCO del 1979 (Palermo Centro Storico - a cura di Vieri Quilici - Officina edizioni).
Finita la guerra hanno stabilito la loro sede nel quartiere Albergheria: l'Ospedale dei Bambini "Di Cristina", la scuola elementare "Nuccio", il Liceo Scentifico "Croce", il pensionato universitario "San Saverio".
Le ultime Amministrazioni comunali hanno avviato e ancora non completato un piano di risanamento e recupero del patrimonio monumentale secondo un criterio di ripristino e restauro del tessuto abitativo precedente la guerra. Attività cui non ha fatto seguito, come consequenziale ricaduta, il miglioramento delle condizioni di vita nel quartiere il cui fragile tessuto economico è stato ulteriormente messo in crisi dalla sempre più spinta massificazione dei processi produttivi e distribuzione commerciale.
L’Albergheria ancor più degli altri quartieri del Centro storico di Palermo si è sempre più realizzata, negli ultimi decenni, come periferia esistenziale della città, luogo degli ultimi per accogliere gli ultimi del mondo in cerca di miglior fortuna. Gli spazi abitativi resi disponibili dagli abitanti trasferitisi in altre zone della città sono stati occupati dai migranti extracomunitari confermando la vocazione del quartiere al cosmopolitismo, alla accoglienza ed integrazione.
La promozione e la valorizzazione turistica delle testimonianze storiche, artistiche e della tradizione popolare unite a quella enogastronomica palermitana hanno ridato impulso, soprattutto nell’area del mercato popolare di Ballarò, alla economia del quartiere ed ad una sua possibile rinascita. Merito soprattutto dell’impegno generoso di alcuni residenti, del privato sociale strutturato in Associazioni e/o reti come “Albergheria e Capo Insieme", che hanno dato vita ad una esperienza condivisa di “democrazia partecipata dal Basso” a cui si è dato il nome di S.O.S. Ballarò, che è riuscita a coinvolgere abitanti, operatori economici e sociali ed Amministrazione Comunale in concrete iniziative di risanamento e attivazione di processi di sviluppo provvedendo al recupero di aree urbane trasformate da discariche a luoghi di aggregazione, al miglioramento dei servizi igienico sanitari, all'avvio procedure di normalizzazione di attività produttive, alla produzione di eventi culturali, al sostegno alle famiglie, alla attività di lotta al fenomeno della dispersione ed elusione scolastica … .
Nella foto di "Albergheria e Capo Insieme": ricostruzione panoramica, dalla Torre di S. Nicolò, del 2008, del quartiere Albergheria.